1860. È una torrida notte di fine giugno nel Wiltshire, e dal giardino di Road Hill House si sente il latrato di un cane. L’aria è soffocante e qualcosa di terribile è appena accaduto. Alle prime luci del mattino emerge una verità agghiacciante: il piccolo Saville Kent, di appena tre anni, è scomparso dal suo letto. La finestra è aperta.

Iniziano così diverse ore di ricerche fino a quando il corpicino senza vita dell’ultimo genito della famiglia Kent viene rivenuto nella latrina dei domestici, a qualche metro dalla magione. Il cadavere di Saville, avvolto in una coperta e ancora vestito in tenuta da notte, è ricoperto di tagli, sulle braccia, sulle mani, sul collo: un delitto efferato e violento, che improvvisamente getta un’ombra oscura su una famiglia benestante inglese. È chiaro che il colpevole sia proprio uno degli abitanti della villa ed ecco che tutta l’Inghilterra inizia a puntare la propria lente di ingrandimento su di loro.

Il caso scatena un interesse mediatico senza precedenti e l’attenzione delle persone si focalizza sulla risoluzione del delitto. Ad occuparsi dell'inchieste inizialmente è il sovrintendente Foley, il quale fa arrestare immediatamente la tata, Elizabeth Gough, che dormiva nella stessa stanza del piccolo. In seguito si pensa che il padre, Samuel Kent, noto per le sue relazioni adulterine, si stesse intrattenendo con la bambinaia, e che, irritato dal coito interrotto a causa dei pianti notturni del bambino, avesse deciso di ucciderlo in preda a un raptus, lasciando poi la finestra aperta, per simulare l’intrusione di un estraneo.

Le indagini proseguono senza sosta e viene ritrovata una camicia da notte insanguinata nascosta nell’interno del camino. A chi apparteneva l’indumento? L’ispettore Foley decide così di tendere una trappola all’assassino, lasciando la camicia da notte al suo posto. L’assassino sarebbe certamente tornato a recuperare un indizio così importante e il sovrintendente avrebbe potuto cantare vittoria. Eppure qualcosa va storto e nei minuti in cui Foley mette di guardia due agenti, il colpevole riesce a recuperare l’indumento intriso di sangue. Voilà. L’unica prova si è volatilizzata. Nessun indizio, nessun colpevole.

Eppure quella magione pullula di sospettati: al momento del delitto in casa c’erano ben nove persone e l’assassino doveva per forza essere uno di loro. Ma chi? Samuel Kent? Il padre di famiglia che aveva perso la sua prima moglie Mary Ann, quattro anni prima? Oppure la nuova matrigna, madre naturale del piccolo Saville ed ex bambinaia? E poi i figli di primo letto del signor Kent: Constance e William. Chi può essere stato?

L’ispettore Foley cerca di nascondere il grave errore che aveva commesso, che gli aveva fatto perdere il suo unico indizio, ma i tentativi sono tutti inutili. Il caso acquista interesse giorno dopo giorno e c’è una gran sete di verità nell’aria. Una verità che deve essere portata a galla. Subentra così il detective Jack Witcher, chiamato anche “il principe dei detective”, appartenente a un gruppo di brillanti ispettori della polizia di Londra. Un uomo pieno di acume abituato a sciogliere le matasse più intricate. Ed ecco che uno dei più grandi topos letterali sta prendendo forma sotto gli occhi di tutti.

Gli ingredienti sono quattro e diventeranno le basi del murder mystery classico: una villa, un delitto, una famiglia apparentemente rispettabile piena di segreti e un detective, pronto a tutto per risolvere un caso. 

Witcher inizia a scavare nella mente dei suoi sospettati, esaminando ogni battito di ciglia, ogni frase, ogni indizio. Deve scavare nel passato perché è chiaro che l’assassino non può essere nessuno straniero di passaggio e tantomeno il mandante di un rapimento finito male. No. L’assassino si annida fra quelle mura.

Witcher decide di seguire il suo istinto e trascina in tribunale Constance Kent, di appena sedici anni. Secondo il detective, Constance aveva ucciso il fratellastro per pura gelosia: il padre, dopo la nascita del piccolo, aveva completamente messo da parte lei e William, scatenando così una rabbia crescente e incontrollabile. La ragazza aveva così aspettato che tutti in casa fossero addormentati, aveva rubato un rasoio dalla stanza del padre e con grande cautela si era introdotta nella stanza del fratellastro. Scese le scale, si era diretta con decisione presso la latrina della servitù dove aveva consumato il suo delitto, con agghiacciante lucidità.

Ma la versione dei fatti del detective Witcher non viene accettata dalla giuria: è una verità troppo scomoda, troppo marcia, troppo spaventosa per poter essere presa in considerazione da un Inghilterra vittoriana così ipocritamente abbottonata e pronta a gridare allo scandalo. 

Witcher viene così messo alla gogna, screditato completamente. E questo caso segna la sua rovina. Eppure le cose prendono una svolta inattesa: qualche anno dopo il processo, Constance Kent, confessa la sua colpevolezza al reverendo Arthur Wagner, il quale la convince a costituirsi. Constance inizialmente viene condannata a morte, ma considerata la sua giovane età al momento del delitto, le vengono dati vent’anni di carcere. Una volta uscita di prigione, Constance si trasferisce in Australia dal fratello, dove cambia nome e inizia a lavorare come infermiera.

La scrittrice Kate Summercale ha cercato di immergersi a fondo nell’intricata trama su cui è poggiata la vicenda di Road Hill House, analizzando ogni passaggio in un saggio del 2008, arrivando alla conclusione che Constance non fosse la vera colpevole del delitto. O meglio, quantomeno aveva solo aiutato un altro membro della famiglia a commettere un gesto così inquietante: William, il fratello. Fra i due c’era un rapporto malato, quasi incestuoso, e con buone probabilità Constance aveva deciso di prendersi la colpa anche per salvaguardare la sua promettente carriera da microbiologo.

Siamo quindi di fronte a una colpa non commessa ma confessata per amore? Tutto può essere. Resta il fatto che quanto accaduto in quel piccolo villaggio ha destato un’attenzione morbosa e spaventosamente vorace, senza eguali per l’epoca, che ha dato il là per creare un canovaccio perfetto, fatto di avvenimenti macabri e spaventosi, eppure così dannatamente attraenti.