Londra, 1927. Nella stazione di Charing Cross, fra una miriade di passeggeri frettolosi e cumuli di valigie, viene trovato un baule dal contenuto alquanto particolare. Al suo interno, anziché vestiti o effetti personali, c’è un cadavere. Il corpo appartiene a una donna di nome Minnie Boniati. La spiacevole e inattesa scoperta riempie diverse pagine di rotocalchi e in poco tempo la polizia cattura il colpevole. Un uomo di nome John Robinson. 

Il caso resta sepolto per diverso tempo fino al 1934, quando un altro baule attira l’attenzione di alcuni passeggeri, questa volta a Brighton, nel deposito bagagli. L’odore proveniente dal grosso baule inizia a farsi insostenibile e quando viene finalmente aperto, il contenuto rivela il torso di una giovane donna e un piccolo biglietto con su scritta la parola "Ford". Viene immediatamente lanciato un annuncio circa il macabro ritrovamento: dove sono finiti gli altri pezzi? Dopo poco tempo arriva la comunicazione da parte della stazione di King’s Cross, a Londra. Un altro baule è stato trovato, ma questa volta al suo interno ci sono due gambe e due piedi, avvolti accuratamente in carta da pacchi e spago.

Scotland Yard si mette immediatamente all’opera e porta alla luce due elementi importanti: le parti del corpo coincidono e appartengono alla stessa donna, e la giovane donna era incinta di cinque mesi.

La stampa è in fermento e morbosamente incomincia a riferirsi al corpo della ragazza (di cui non sono mai state trovate le altri parti) con l’appellativo di “bei piedi”, per via della conformazione da ballerina degli arti inferiori.

Vengono interrogate centinaia di persone, nel tentativo disperato di dare volto a un assassino in grado di commettere un atto tanto scellerato. Fra i nomi passati al vaglio, spunta quello di un barista dello Skylark Cafè, tale Tony Mancini, segnalato alla polizia perché avvistato a liberarsi di alcuni vestiti femminili qualche giorno prima. Mancini, il cui vero nome è Cecil Lois England, è un uomo di malaffare di Brighton che però le forze dell’ordine non riescono ad incastrare: pare infatti che al momento in cui il bagaglio è stato consegnato al deposito, l’uomo fosse di turno al Cafè e non avesse avuto il tempo materiale per spostarsi alla stazione.

Intanto a Londra una madre legge sul giornale la notizia raccapricciante che riguarda i macabri bauli rinvenuti e decide di contattare la polizia per segnalare la scomparsa della figlia, che non vede da diverso tempo.

Il cadavere sembra avere finalmente un nome: Violet Kaye. Violet era una ballerina di quarantadue anni che, per arrotondare, era costretta a prostituirsi. La giovane era fidanzata da anni con un uomo di nome Tony Mancini. I due avevano una relazione piuttosto turbolenta, condita da un tormentato rapporto di Violet con l’alcool e le droghe, e una certa gelosia per le donne che ronzavano attorno a Tony, che aveva quasi vent'anni in meno della compagna.

Eppure, tutti questi elementi non sono sufficienti per incriminare Tony Mancini, perché le parti del corpo trovate non possono appartenere a una donna di quell’età, ma devono essere di una ragazza più giovane.

Finalmente il colpo di scena viene fornito da un affittuario di Brighton, che possiede degli appartamenti a una manciata di metri dal deposito bagagli della stazione: l’uomo lamenta che uno dei suoi inquilini è fuggito da qualche giorno e che dall’interno del suo appartamento proviene un odore insopportabile che i vicini non riescono più a sostenere.

La polizia irrompe nello stabile e dopo una veloce ricerca, trova un nuovo baule. Al suo interno? Il corpo senza vita, questa volta intero, di una donna. E quella donna è Violet Kaye.

Mancini cerca immediatamente di giustificarsi, dichiarando di aver trovato il cadavere della fidanzata per terra e, preso dal panico anche per via delle indagini in corso circa il misterioso cadavere smembrato, aveva deciso di sbarazzarsi del corpo di Violet, nascondendolo in un baule. Qualcun altro aveva colpito alla testa la donna. Ma chi poteva essere stato? Dopo una ricerca più approfondita, viene trovata nella cantina della casa anche una probabile arma del delitto: un martello. Eppure sembra non essere ancora sufficiente per incastrare Mancini.

Durante il processo, la difesa evidenza la dipendenza da morfina di Violet, sottolineando come questa possa aver influito in una ipotetica caduta dalle scale, con conseguente morte della donna. Tony Mancini viene così incredibilmente assolto da ogni accusa.

La vicenda trova però una conclusione diversi anni più tardi, quando Mancini, ormai anziano, deciderà di concedere un’intervista a un rotocalco, sotto ingente compenso, in cui confessa finalmente di aver ucciso Violet Kaye. Dopo l’ennesima lite, aveva colpito la fidanzata con il martello e l’aveva chiusa nel baule.

Eppure resta ancora un quesito. Un mistero enorme che non verrà mai svelato. Mancini aveva commesso un solo omicidio e non aveva nulla a che fare con la giovane donna che è era stata trovata smembrata nei due bauli a Brighton e Londra. Un mistero che rimarrà irrisolto per sempre.

Ci troviamo così di fronte a tre delitti, tutti con vittime e carnefici diversi, storie e moventi diversi, tutti però contenuti in ingombranti, spaventosi, e misteriosi bauli.